Archive for quaccheri

Un problema dei nostri tempi

Se c’è un problema che affligge la società moderna, questo è senza dubbio il peto in aereo.
Pensateci, quante volte vi siete trovati a faccia a faccia con questo indesiderato ospite? Lo faccio? Lo tengo? Lo maschero, rischiando il fall out? Oppure lo sopprimo, a costo di dolorose bolle intestinali? Problemi grossi. E scomodi. Che fare, quindi?
Proverò a dare una risposta.
La cosa è certa, e per certi versi, e a mio avviso dogmatica: non si può, durante il tragitto in aereo, recarsi in bagno e mollare la bomba, come potremmo fare in treno… uno si alza, barcolla verso la ritirata e già rischia di sganciarla per strada (il che sarebbe terribile, visto che il gas partirebbe ad altezza viso degli altri passeggeri), ma una volta giunto a destinazione sarebbe tutt’altro che finita: io, ad esempio, sono alto e nei bagni dell’aereo devo stare piegato, chinato in avanti, con la fronte appoggiata alla parete per non oscillare, e in queste condizioni, dovendo controllare minzione e flatulenza, alla meglio vi pisciate sulle mani, alla peggio sui pantaloni. Raggiungete il dramma quando insieme al peto vi parte il pezzo grosso, e, una volta usciti dal cesso, cacati e pisciati come un barbone, decidete di dirottare l’aereo.
Quindi niente toletta, non ci si può liberare del peto così frettolosamente. Va gestito, al meglio.
Lo stratagemma che ho escogitato in questi anni, e che sono ora a consigliare, si basa pertanto sul rilascio lento e controllato del gas, in modo che possa essere catturato e incamerato (e di conseguenza disinnescato) dall’imbottitura del sedile su cui sedete. Farlo è più complicato di quanto non sembri: è necessario un elevato autocontrollo, per poter comandare i muscoli in modo preciso e calibrato, bisogna essere lenti ma non troppo: l’eccessiva precauzione, oltre a tenere troppo a lungo i muscoli in tensione, vi dipinge in volto un’espressione ebete, rossiccia e poco intelligente che porterebbe la gente rapidamente ad accorgersi di ciò che state facendo e a pensare "ehi quel coglione sta scoreggiando".
Lenti, ma decisi, dunque, delicati, ma forti. Una passeggiata sulla fune, a dieci mila metri da terra.
E se sbagliate una virgola, un’inezia, siete fottuti: il fragile equilibro si spezza, le forze in gioco (pressione del gas, pressione dei muscoli) non si bilanciano più e il peto parte, beffardo, strombazzando la libera uscita.
Non è facile, affatto. Ho scritto questo post per voi, per donarvi questa tecnica, che ha radici antiche, ma moderne, e nella quale mi sto esercitando maggiormente ogni anno che passa.
Non sono ancora un maestro, nella mia carriera ci sono trofei, e tanti, ma anche cocenti sconfitte. Come New York, dopo 10 ore di volo, giunto al JFK, mi sono alzato… ma qualcosa è andato storto e il sedile non ha retto, rilasciando in un sol colpo dieci ore di attività compressa e già marcescente… (e dio solo sa, magari anche di passeggeri precedenti) inutile dire che ho guadagnato velocemente l’uscita dell’abitacolo, seguendo un sentiero luminoso di fuck off.
Oppure Parigi, ah, la grande traditrice… un tragitto breve, sedili comodi e spaziosi, una distrazione di troppo e il gas che non entra nel sedile, ammorbando così un’area di 4 sedili x 4… mi volto verso P che sgrana gli occhi, e, appuntandomi mentalmente di farmi carico del trauma che questo dovesse procurarle in futuro, guardo la piccola M, ignara nei sui 10 mesi e dico a mezza voce "Eh, M, ne abbiamo fatta una?"

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la grossa cazzata

A tutti è capitato nella vita di capire di aver fatto una grossa cazzata.

L’altra sera, con (bambi) amici, si parlava di Bambi. Premetto che eravamo tutti e quattro eterosessuali e il discorso Bambi era applicato solamente al cartone disney: eravamo due (bambi) coppie, si sa, con figli, si sa e allora magari a (bambi) volte può darsi che il discorso capiti su bambi. Ma come, proprio tu? Si cazzo, proprio io, ma che potevo fare? Si era iniziato a parlare di bambi e mica potevo dire "ehi guardate la, un topo morto", oppure "guardate so tenere piegata la prima falange" insomma mi ero messo ad annuire e alla fine speravo (bambi) si concludesse presto. bambi bambi bambi mentre questa parola iniziava ad essere un po’ troppo ricorrente (bambi) io intanto facevo le prove con la falange perché (bambi) tra breve l’avrei fatta debuttare e non volevo toppare la prima (bambi). Così io ero con la mano sotto il tavolo e a un certo punto uno dice "e così bambi e la sua fidanzata…" ed è stato in quel momento che ho capito di aver fatto una grossa cazzata. Alzo la (bambi) testa e dico: "Che cazzo dici? Bambi non era una femmina?". Mi guardano come un (bambi) stronzo e "no, affatto, era un maschio". (bambi) (bambi) (bambi) (bambi)
Cristo santo, abbozzo un sorriso e porto alla bocca il mio (bambi) limoncello e chiedo a T come va il suo nuovo lavoro, per schiantare il (bambi) discorso.
Così la (bambi) serata si conclude e alla (bambi) fine ci ritroviamo io e P a letto.
P: "ma veramente pensavi che Bambi fosse una femmina?"
SG: "si"
P: "mi spiego molte cose."
E spegne la luce.
Così aspetto nel buio un paio di (bambi) ore e quando P già dorme, ignara, scendo in cantina e apro una scatola.
Legate da un nastro di seta un pacco di lettere, e un nome solo pesa come un macigno: Bambi, Walt Disney Studios.

Alcune lacrime cadono nella polvere.

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idee imprenditoriali azzeccate

Come
una folgorazione. Hai presente? Una molla che ti scatta nel cervello e
ti fa dire ma che cazz. Sarà la paternità, sarà il raggiungimento dei
30, sarà che ormai i livelli a cui sono arrivate non concedono più
alcun indugio, ma finalmente, dopo 9 anni 9 di reazioni meccaniche
senza pensiero, beh… quest’anno, prima di gettarle, mi sono seduto su
una sedia, ho guardato il pacchettino blu puzzolente di stampa e agenti
chimici e mi sono chiesto: ma chi cazzo le usa, le Pagine Utili?

Dal 1996 ci ammorbano con il loro olezzo, dal 96 ci arrivano in casa,
con il loro mesto servizio alternativo alle pagine gialle, un servizio
scadente e anacronistico. Ricordo le campagne tv, il lancio faraonico,
il volume tanto atteso, la nuova bibba. Un valido compagno di vita, una
faro nella giungla cittadina. Poi la bolla rapidamente si sgonfia, il
mefitico libretto perde utenza, gli inserzionisti calano, gli utenti
abbandonano, le pagine si assottigliano. Il merdoso testo compie voli
sempre più arcuati verso i cestini delle nostre case, sempre più spesso
senza togliere nemmeno il cellophane. La spirale perversa non si placa:
se proprio uno vuole martellarsi lo scroto e non usare internet, chi
userà le PU sapendo di trovare meno della metà di posti rispetto alle
canoniche pagine gialline? E il volume si riduce, la pagine calano, la
dimensione del font aumenta. Sembra chiaro che si rimane aperti solo
per non incappare in penali di inserzionisti che hanno già pagato più
annate, ma non è un bel vedere. Meno contratti, meno utenza. Meno
utenza, meno contratti. Il destino si sta compiendo. Le pagine utili
stanno morendo e come una nana bianca millenaria stanno collassando su
loro stesse.
Arriverà un giorno in cui per posta arriverà un foglietto.
Con un solo nome.

E sarà la fine.

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primula rossa

 

L’identikit
dell’imprendibile capo di Cosa nostra è stato reso noto nel corso di
una conferenza stampa alla questura di Palermo dal procuratore Pietro
Grasso, dal prefetto Nicola Cavaliere, capo del Dipartimento
anticrimine centrale della polizia e dal questore del capoluogo
siciliano Giuseppe Caruso.


Più tardi, hanno riferito le fonti, lo stesso procuratore Grasso
nell’atto di lasciare l’aula è stato arrestato dalle forze dell’ordine,
in quanto perfettamente somigliante all’identikit.


Laconico quanto piccato il suo commento: “Teste di cazzo, non sono io!”.


Chiarito lo spiacevole l’equivoco, poi, è giunto un comunicato di scuse dal comando di Palermo.

Nella foto: il procuratore Pietro Grasso mostra l’identikit di Bernardo
Provenzano.

 

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