Volge
ormai agli sgoccioli, la festa. Siamo rimasti in una ventina non di
più, seduti nelle panche sotto il tendone stile festa dell’unità. Chi
finisce la crescentina al prosciutto, chi le patatine, chi dice le
ultime cazzate, stringendosi nella felpa umida.
Le cose si avviano lentamente alla fine come è giusto debba essere, la sera. L’infreddolito coglione al piano bar, sta concludendo il repertorio. “Spider man” è il finale. Finisco la birra, con un presagio.
Mi guardo in torno, alcune persone stanno già smontando la baracca,
tavoli e sedie. “Si, è proprio finita”, mi dico, scacciando strani
pensieri. E lo stanco emulo di Michael Bublè comincia a mettere via
l’attrezzatura, come per darmi ragione.
Ma il presagio batte sulle tempie e, no, non è ancora il fondo.
Siedo e attendo. Ad un certo punto lo vedo e capisco chi ci traghetterà all’inferno, questa sera.
Un uomo prende il microfono e si presenta: è Il Comico Bruno.
Io e gli altri ci guardiamo, chi ride nervosamente, chi ostenta sicurezza. Il Comico Bruno inizia.
La prima battuta nasce male, Il Comico Bruno
si deve interrompere per far passare una vecchietta. Ricomincia, ma
nessuno capisce quando la battuta finisce. Nessuno ride. Qualcuno
tossisce.
In lontananza si sente un passaggio a livello.
Il Comico Bruno
incassa e contrattacca, la seconda battuta ha, se possibile, esiti più
disastrosi: sbaglia un pezzo, il microfono fischia e si perdono dei
pezzi della gag. Nessuno, ancora, applaude o ride.
Un neonato piange. Il Comico Bruno chiede un applauso: qualcuno glielo accenna, altri se ne vanno.
Nelle nostre facce non c’è traccia di vita, inizio a temere il peggio.
Si spengono alcune luci del tendone, Il Comico Bruno inizia una barzelletta sulla politica, che già girava su Arpanet nel 1971, leggendo da un foglietto.
Alla fine della lunga e insulsa barzelletta segue un lungo silenzio.
Il comico farfuglia qualche parola, priva di senso. Una macchia scura appare sui suoi pantaloni, sul davanti.
Con rapidità io e gli altri ci alziamo dal tavolo, uscendo dal tendone, mentre ci lasciamo alle spalle le urla scomposte de Il Comico Bruno.
Infine il silenzio.
ormai agli sgoccioli, la festa. Siamo rimasti in una ventina non di
più, seduti nelle panche sotto il tendone stile festa dell’unità. Chi
finisce la crescentina al prosciutto, chi le patatine, chi dice le
ultime cazzate, stringendosi nella felpa umida.
Le cose si avviano lentamente alla fine come è giusto debba essere, la sera. L’infreddolito coglione al piano bar, sta concludendo il repertorio. “Spider man” è il finale. Finisco la birra, con un presagio.
Mi guardo in torno, alcune persone stanno già smontando la baracca,
tavoli e sedie. “Si, è proprio finita”, mi dico, scacciando strani
pensieri. E lo stanco emulo di Michael Bublè comincia a mettere via
l’attrezzatura, come per darmi ragione.
Ma il presagio batte sulle tempie e, no, non è ancora il fondo.
Siedo e attendo. Ad un certo punto lo vedo e capisco chi ci traghetterà all’inferno, questa sera.
Un uomo prende il microfono e si presenta: è Il Comico Bruno.
Io e gli altri ci guardiamo, chi ride nervosamente, chi ostenta sicurezza. Il Comico Bruno inizia.
La prima battuta nasce male, Il Comico Bruno
si deve interrompere per far passare una vecchietta. Ricomincia, ma
nessuno capisce quando la battuta finisce. Nessuno ride. Qualcuno
tossisce.
In lontananza si sente un passaggio a livello.
Il Comico Bruno
incassa e contrattacca, la seconda battuta ha, se possibile, esiti più
disastrosi: sbaglia un pezzo, il microfono fischia e si perdono dei
pezzi della gag. Nessuno, ancora, applaude o ride.
Un neonato piange. Il Comico Bruno chiede un applauso: qualcuno glielo accenna, altri se ne vanno.
Nelle nostre facce non c’è traccia di vita, inizio a temere il peggio.
Si spengono alcune luci del tendone, Il Comico Bruno inizia una barzelletta sulla politica, che già girava su Arpanet nel 1971, leggendo da un foglietto.
Alla fine della lunga e insulsa barzelletta segue un lungo silenzio.
Il comico farfuglia qualche parola, priva di senso. Una macchia scura appare sui suoi pantaloni, sul davanti.
Con rapidità io e gli altri ci alziamo dal tavolo, uscendo dal tendone, mentre ci lasciamo alle spalle le urla scomposte de Il Comico Bruno.
Infine il silenzio.
E uno sparo.